Salve audiofolli, oggi vi voglio parlare di un disco uscito proprio pochissimi giorni fa, esattamente il 26 febbraio, un gruppo auto-definitosi “heavy stoner rock”, della provincia di Pordenone.
Otto tracce che vanno la pena di essere assaporate lentamente e violentemente in un travolgente track by track. Bene, adesso play!
1. We Are Nowhere – Un brano che nasce in sordina, preannunciandosi quasi ambient, ma svela poi tutta la sua poderosità, mescolando sempre le carte continuamente.
Non stiamo parlando del classico brano strumentale e nemmeno del solito “rocchettone” dove la prima strofa arriva dopo quei trenta secondi scarsi.
No, qui il cantato arriva dopo ben due minuti per un brano che supera i sei minuti.
2. Days Of Nothing – Qui si picchia duro già da subito e l’ambiente sonoro si fa vagamente “british”, dove il cantato racconta nella disinvoltura di note alte e pulite.
I pieni strumentali rendono corposissima la traccia, liberando intrecci chitarristici quasi “a cascata”.
3. Mount Slumber – In questo brano il duetto è quasi anomalo, un basso solista e un crash.
Stavolta il cantato arriva quasi subito, cavernoso, profondo, avvolgente in un contesto “quasi” silenzioso.
Grande atmosfera per un lento di grande impatto, dove il basso ostinato si fonde perfettamente a una ritmica cadenzata. Qui sfioriamo addirittura i sette minuti e mezzo.
Trattasi di brani assolutamente non nella solita forma canzone trita e ritrita.
4. 40.000 Feet – Ritorniamo con le progettualità stilistiche della prima traccia: chitarra che si muove su un arpeggio che ruota intorno a un accordo, cantato “narrativo” e misterioso.
Interessanti variazioni armoniche che giocano su un minimalismo chitarre-voce davvero pregnante ed intimistico, a tratti di un poetico ipnotico.
Il tutto culla le nostre orecchio in un infinito percorso ispirato e suggestivo.
5. Flash Forward – Poche “chiacchiere” sonore: un basso cazzuto quanto basta, ma non troppo devastante, una ritmica disinvolta e una chitarra distorta che prima s’insinua quasi ironica e poi si lascia andare in disegni oscuri e sabbathiani.
E facciamolo questo salto nel futuro attraverso questa traccia che si ascolta e si poga in solitudine.
Importante variazione armonica (ma non troppo) proprio al centro del brano.
Stessa cellula melodica che viene trasformata e trasposta di tonalità in tonalità, s’insinua il tutto nella nostra mente come un virus senza scampo.
Addirittura nella seconda metà del brano, cambia anche il tempo, pur ripetendo ossessivamente la formula melodica a cui ci siamo ormai abituati da qualche minuto.
E il ritmo continua ad aumentare, verso la fine si fa sempre più frenetico, si salta di tonalità in tonalità portando l’ascoltatore quasi a perdere i sensi come quasi si girasse su se stessi.
Clamoroso rallentamento di bpm alla fine.
Ragazzi, c’è da sentirsi male, credetemi…in senso positivo intendo.
6. Yeti Sinceramente questo brano mi fa pensare a un intro onomatopeica, quei tom hanno del goffo e minaccioso allo stesso tempo, tipico di quell’animale fantasioso che tutti conosciamo.
Divertente brano che ha quasi dell’improvvisazione, ma non esattamente al pari delle tracce precedenti, molto più “compiute” ed organizzate circa struttura e spessore creativo.
7. Witchburner – traccia sporca e “caciarona”, piacevole proprio per la sua rudezza.
Crash ed hi-hat che ammazzano, cantato ai limiti dell’urlato in un delirio stoner degno di nota.
Siamo idealmente nel bel mezzo degli anni Settanta, credibilissimi e senza risultare per niente polverosi.
8. Pryp’jat’ – Siamo in un tunnel di psichedelia, violenta e cauta allo stesso tempo.
Un cantato dal riverbero assai suggestivo caratterizza il brano in maniera assai emozionale.
Una marcia verso la morte e l’autodistruzione, tra pennellate sonore sferzanti, degne di un lacerante ed apprezzabile finale.
Disco da ascoltare tutto d’un fiato, spegnendo per un attimo la ragione e accendendo l’inconscio.
COMUNICATO STAMPA :
I Veuve nascono a Spilimbergo nel luglio del 2013; sono Felice di Paolo (chitarra), Riccardo Quattrin (basso\voce) e Andrea Carlin (batteria). Dopo due anni di concerti – tra cui Pietrasonica Fest di Osoppo e un Go Down Records Fest al Deposito di Pordenone – e un EP pubblicato nel febbraio 2015, la band entra a far parte di The Smoking Goat Records & Acid Cosmonaut Records, etichette discografiche indipendenti con base in Toscana. Da qui passano in studio per la registrazione del loro primo full-lenght album “Yard”, disponibile dal 26 febbraio 2016.
Il gruppo getta le fondamenta nella corrosione dello stoner, passando spesso per la violenza tipica del doom: la possente sezione ritmica di batteria e basso si mescola alle sferzate della chitarra elettrica, riff poderosi, “sabbathiani” si alternano a diversivi psichedelici, discendenti diretti della tradizione anni settanta.
Allacciate le cinture e buon ascolto.
INFO
USCITA: 26 febbraio 2016
PROVENIENZA: Spilimbergo (Pordenone)
GENERE: Heavy Stoner Rock
LABEL: Acid Cosmonaut Records / The Smoking Goat Studio RecordinG MASTERING: LRS Studio
ARTWORK: Jo Riou Graphic Designer
CONTATTI: veuve@outlook.it
TRACKLIST
1. We Are Nowhere
2. Days Of Nothing
3. Mount Slumber
4. 40.000 Feet
5. Flash Forward 6. Yeti
7. Witchburner 8. Pryp’jat’
LINE-UP
Andrea Carlin – Drums
Felice di Paolo – Guitar
Riccardo Quattrin – Bass & Vocals
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