Start of fall
Inizia con un suono di pioggia che duetta con una languida chitarra, armonie variegate e sospese, nello sfondo un contrabbasso che si fonde con una tastiera. Vocalizzi tra il gospel , il country, il blues.
Un brano dalla durata inferiore ai tre minuti, ma intensissimo.
Tell me the Way :
Qui le atmosfere si fanno blues / rock e le energie più tese con un groove inconfondibile.
I ritornelli si fanno cantabili, anche per via dei cori, non puoi fare a meno che battere il piede.
C’è divertimento, voglia di suonare, di improvvisare, di fare serata in un fumoso pub tra birra e cazzotti.
Essenziale, senza fronzoli, ma una cannonata.
Vermi :
Finalmente un brano in italiano, non meno grintoso rispetto al brano precedente.
L’incrocio indie è sempre quello: country, rock, blues.
Verso la metà del brano, quella progressione ossessiva di rullante è di grande presa per l’ascoltatore.
“Ricordati di vivere ogni giorno che passa, che questo bassa” si ripete a squarciagola.
Ed ecco che alla fine ci sorprende un cambio di tempo improvviso arricchito da un assolo dal mood blues.
Johnny Fake slim
Ha un intro particolare, dei passi, il fiatone e poi ci si scatena in un country che più country non si può, con tanto di fischi “western”, risate e armonica a bocca.
Un cantato alla “Elvis” però dà un tocco singolare al pezzo, e poi…sbaglio o nel testo si nomina…David Bowie?
L’effetto è davvero godereccio nel complesso. Niente da fare, questi ragazzi sono dei miti.
Io mi chiedo come sia possibile che musicisti così bravi non calchino tutti i palchi del mondo, mentre gentechenonfaccionomi sì.
Pianeta musicale crudele.
My Rage :
Qui si spacca il culo, in neanche due minuti e mezzo! Punto.
Spero in uno sparo :
Ebbene si, lo confesso, i pezzi che contengono dei giochi di parole mi piacciono a priori.
Soprattutto in lingua italiana, non ci posso far nulla. Catartiche le intenzioni, “spero in uno sparo, in un bombardamento che mi porti a una certezza”. Grande tecnica tra funky, blues e rock.
Sopersonic
Se non fosse un brano eseguito prevalentemente con strumenti reali, potrebbe essere già dal titolo un brano elettronico truzzissimo, perlomeno per la sua struttura. Potrebbe essere uno spunto di arrangiamento per gli autori.
Rende così com’è non fraintendetemi, anzi prosegue in maniera del tutto sorprendente tra percussioni tribali e un sassofono strepitoso. E’ un pezzo davvero supersonico. Sticazzi, davvero.
E quella chitarra funkeggiante che fa il panico?
Delirio: sembra che abbiamo fatto un viaggio di ore, invece sono passati poco più che tre minuti.
Portami via
Finalmente un altro brano in italiano che tanto si adatta a queste afosissime giornate di luglio.
Ganzissimi gli effetti che sembrano suggerire il vento…o un aereo distorto?
Sicure suggestioni musicali e testuali, grazie anche alla riuscita interpretazione vocale.
1000 anni
Tre minuti spaccati di essenzialità e grinta, tutto ciò che c’è da dire si dice, non occorre ciò che non occorre.
Ogni traccia è una bomba ad orologeria per palati vintage ed evergreen al tempo medesimo.
Plastica
Uno dei brani più “easy” dell’album, con un arrangiamento differente potrebbe essere un commercialissimo radiofonico senza problemi; personalmente ci farei una cover…se solo avessi il tempo!
Supertramp
Ritorniamo alle atmosfere di Johnny , ma molto più rock e ancora più sfrenate con un’armonica ancora più forsennata ed evidente nella sua espressività, unita alla chitarra che di certo non fa una piega.
Allo stesso tempo, il cantato ricalca l’orecchiabilità di “Plastica”.
Johnny Safe Milk
Ed ecco un altro pezzo su Johnny, soli 44 secondi, come un “outro” anticipato, essendo il penultimo brano.
Un vero e proprio brano bonsai con tanto di armonica finale.
Gamberlove
Ultimo brano, ragazzi. Intro con cassa in quattro.
Voce pastosissima, anzi due voci: una maschile in primo piano e una femminile che si intreccia in alcuni punti.
Trasuda praterie, America e cieli tersi. Non mancano gli inserti di chitarra funky, ma c’è sempre qualcosa che ci porta altrove.
Quando abbiamo inquadrato il pezzo, ecco che a un certo punto ci porta verso il pop o il rock mainstream, ma poi ritorna in modo preponderante nell’indie-zone.
El Peregrino è un album ricchissimo, fatto di ben tredici brani, alcuni in inglese ed altri in italiano.
E’ un ascolto particolare perché si mescolano gli stili con grande disinvoltura e soprattutto gusto.
Un’ottima cura nei suoni, missaggio brillante e coinvolgente.
Uscito per Urban Records il 3 aprile 2015.
Ecco il video con il primo singolo estratto :
NOTIZIE SULLA BAND :
“Gli Sluggish Tramps nascono alla fine del 2010 e verso la fine del 2012 registrano il loro primo EP “My Rage”. Dopo vari avvicendamenti il gruppo raggiunge la sua formazione attuale agli inizi del 2013. Il 3 aprile 2015 esce il loro primo disco, “El Peregrino”, registrato per “Urban Records”, presso l'”Urban Recording Studio”. Tra le loro esperienze live si possono annoverare diverse aperture a noti gruppi come i Nobraino e suonando a festival che hanno visto partecipi ospiti importanti come Lo Stato Sociale, i Cyborgs e i Bud Spencer Blues Explosion oltre che nei principali locali della regione come l’Urban, il Supersonic e l’Afterlife. La loro musica è un energico mix di rock-blues, funky e progressive rock con testi in inglese e italiano.”
Componenti:
Daniele Benincasa, voce.
Giacomo Ciancaleoni, percussioni e batteria.
Marco Mariotti, chitarra e voce.
Simone Giacomucci, chitarra e cori.
Samuele Settimi, basso.
“El Peregrino” è il viaggio orgoglioso, ridente e vivace sia in italiano che in inglese dei Sluggish Tramps, giovane band folignate che non ha tempo da perdere ma tutta la voglia di esplorare.
Uscito ora per Urban Records, l’album si fa forte della lezione dei Black Keys (per fare un nome) sul recupero delle potenzialità del blues nella composizione indie di oggi, e senza troppi fronzoli gioca qua con il country e là con il rock come il gatto col topo e spara ritornelli nella memoria con la forza di 5 complici ceffi che, con un bicchiere di whiskey, o ancor più facilmente già solo con quest’album, potrebbero girare l’Italia in bicicletta. Anzi, a piedi nudi.”
-Urban Records