RECENSIONE DI FRANCESCO LENZI
THE SLEEPING TREE” Painless (La tempesta dischi)”
The Sleeping Tree è il monicker dietro il quale si cela il cantautore friulano Giulio Frausin, già bassista dei Mellow Mood (per chi non li conoscesse, una delle più importanti reggae band a livello nazionale)….e questo è il suo terzo lavoro (all’attivo un primo cd nel 2008 e un EP del 2011), che arriva dopo una serie di date ed esperienze importanti in tutt’Italia sia da solo, che con il suo gruppo.
Le dodici tracce di questo lavoro sono molto intense, personali e davvero belle, raccontano un po’ il mondo interiore di Giulio e di ciò che lo circonda,in maniera “introspettiva”ed emozionale (le composizioni sono essenzialmente affidate a voce e chitarra acustica).
“Jah takes my soul”è la ballata che apre il disco, una canzone brillante e rilassatamente melodica che ricorda le cose migliori e più struggenti di Bon Iver…ovviamente l’”albero che dorme”ha una propria personalità e ci abbaglia con la sua luminosità(non viene dimenticato l’antico spirito ”reggae” a livello lirico-anche se il brano è totalmente di un altro genere-, dato che viene evocato il nome di Jah, che come tutti sanno è il nome di Dio nel”rastafarianesimo”).
“Heart as a ghost” è un’altra traccia molto significativa e solare, che parla di come sia necessario e di vitale importanza non trascurare le proprie passioni, che sono il”sale”della vita:irresistibile e calorosa la melodia(ricca di”anima”), così come la delicata ritmica dell’acustica.
C’è anche spazio per una cover di Elliott Smith (“Going Nowhere”) che rispetta l’andatura ombrosa dell’originale, eppure non è una semplice riproposizione, ma un sentito e doveroso omaggio personale allo sfortunato cantautore americano ( Filippo Buresta partecipa suonando il pianoforte ed uno spettrale organo dal sapore vintage).
Le metafore e la riflessione malinconica(ma non”doma”,attenzione!) sono alcune delle caratteristiche salienti di questo lavoro;e questo appare evidente in una traccia come”sweets of helsinki”, dolceamara come una caramella norvegese-appunto-e dai toni chiaroscuri: un’indagine introspettiva sui paradossi che si affrontano nella vita (e la musica si sposa perfettamente alle liriche).
“Little too often” è una morbida accusa (con garbo,quindi) contro quelli che si ”lamentano sempre del tempo buono”(come si direbbe dalle mie parti), ovvero di qualsiasi sciocchezza; ed è una gemma folk-pop, dotata di una melodia magica,merito come sempre dell’eccellente voce del nostro (quasi “jazzata” in questo brano,sicuramente rivestita di”soul”), così come del suo delicato tocco sulla 6 corde…un brano dalle tinte pastello,tra i miei preferiti del disco,che sa cullare ma allo stesso tempo anche”risvegliare”con la sua dolcezza.
Una descrizione appassionata del Sud Italia e delle sue bellezze naturali è”Southern Hills”, dalle cadenze californiane e rilassanti (è come una rivisitazione inedita e aggiornata di un certo feeling caro alla”west coast”); su”Sorcerer”torniamo su sentieri più malinconici e poeticamente struggenti,riflessivi,con i dolci accordi della chitarra che riflettono la bella melodia vocale che racconta di come l’amicizia sia l’ingrediente principale per curare le proprie ferite interiori.
Molto originale ”Ulysses’disciple”- talvolta perfino notturna-in cui il nostro s’immagina come un moderno Ulisse che cede alle tentazioni delle Sirene; le influenze”americane”non vengono dimenticate, ma affrontate in maniera decisamente personale.
Ma di vari momenti diversi vive il disco;e difatti arriva”Wings”, con la sua andatura un po’ sorniona,un po’ riflessiva a descrivere la storia di un viaggiatore che ha paura di volare….rilassata e pacata,è una canzone che ti fa stare bene(e che ci riporta alla mente -musicalmente- un po’ le atmosfere del Ben Harper più”diretto”e melodico,unite ad una struttura”folk pop”di sicuro fascino).
“His Father” è una descrizione di alcuni amici problematici,e scorre via limpida e scorrevole, catartica, con delle armonie molto interessanti; e “Writing back home” è una commovente e dolorosa lettera ad un amico che non è più tale,ma priva di retorica,con un sentimento”pacificatore”davvero struggente….forse il brano che preferisco in assoluto,con una sincerità palpabile (caratteristica comunque presente in tutto il disco!).
La conclusiva traccia,”Jah Guide”è esplicitamente dedicata alla guida spirituale del nostro(ormai un assoluta conferma) ed è-manco a dirlo-una bellissima ballata soffusa e delicata, con dei toni solari in evidenza.
The Sleeping Tree, dunque, è un bel progetto intimista, pieno di luce e di sentimenti”veri”e sinceri, ma mai banali: Giulio scrive delle bellissime canzoni, delicate e fresche, introspettive ma senza essere pedanti o ripetitive, ed ha veramente tante frecce al suo arco (ed ha anche una bella voce,oltre a saper suonare davvero)…e questo è uno dei migliori lavori usciti per la Tempesta dischi,che è già di per sé sinonimo di garanzia qualitativa enorme…
Un cd davvero imperdibile, per gli amanti di un certo rock morbido e acustico, con un songwriting di alto livello: davvero tanti complimenti a questo incredibile cantautore…mi auguro che questo disco abbia un ottimo riscontro perchè se lo merita! E voi che fate,siete ancora lì? Correte a recuperarlo!