Il terzo album in studio del quintetto canadese ci ricorda che non serve spingersi a chissà quale livello di sperimentazione per ottenere un lavoro originale e degno di nota. L’ anima dreampop, semplice e leggera, che pervade il disco, è quello che ne fa un lavoro piacevole, estremamente orecchiabile e, soprattutto molto rilassante; insomma, non un album che si fa apprezzare solo se si è in un particolare stato d’animo, ma un ascolto che può essere fatto in ogni momento della giornata, per staccare la spina e lasciarsi trasportare. Quello che permette al disco di procurare un simile effetto non è solo la finissima produzione di Shawn Everett, i cui lavori precedenti potevano lasciare spazio a ben pochi dubbi sul risultato, ma anche la notevole compattezza del sound della band. Quello a Tom Verlaine in una delle tracce del disco, si traduce involontariamente in un omaggio azzeccassimo; infatti, come in un disco dei Television, i suoni si parlano, interagiscono, si stratificano, senza che nessuno prenda il sopravvento sugli altri coprendoli. Se ci si concentra su uno strumento in particolare, ci si rende conto di come sia possibile distinguere alla perfezione ogni singola nota che suona, pur non risultando slegato dal resto dell’ insieme. A fungere da propulsore affinché
l’ album prenda il volo sono il carattere della batteria, il cui ritmo risulta incalzante per buona parte del disco, e le linee di basso semplici ma senza dubbio accattivanti. Questi due elementi formano una base solida, ma che allo stesso tempo lascia ampie possibilità di innesto per le altre componenti, prima fra tutte la chitarra, arpeggiata con la buna vecchia combo reverb/chorus in tracce come “Pressed” e “After The Earthquake”,a ricordare vagamente il famoso “wall of sound” di Johnny Marr, ma capace anche di tramutarsi in uno strumming distorto in pezzi come la spumeggiante “Pomeranian Spinster” o “Lottery Noises”. Ad essa si incastonano un uso sapiente del sintetizzatore, che anche quando sembrerebbe il protagonista del brano come in “Bored In Bristol” risulta comunque poco invadente, e ovviamente la bellissima voce di Molly Rankin, sempre molto leggiadra e delicata anche negli acuti, e che condisce il tutto con melodie semplici ma davvero molto orecchiabili. Bisogna anche notare che c’ era proprio lei a fianco del grande Everett nell’ azzeccata produzione dell’ album. Blue Rev è un disco in cui perdersi, un disco che, ovunque ci troviamo e qualsiasi età abbiamo, ci fa immaginare di essere nelle nostre camerette a fissare il soffitto, mentre fantastichiamo persi nei nostri pensieri e nei nostri film mentali, è una pausa da tutto quello che può stressarci durante le nostre giornate. 

Voto: 8,9 

Tracce consigliate:  “Easy On Your Own?” 

“Bored In Bristol”

Foto: Eleanor Petry

A cura di Alessandro Zanetti

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