PUPI DI SULFARO “suttaterra” (Dcave)

Pupi Di Sulfaro è un gruppo nato nel 2008,con l’intento di coniugare teatro e musica folk tradizionale;”Suttaterra” è il loro nuovo lavoro,e sta a rappresentare-fin dal titolo-un luogo della mente che poi tanto immaginario non è,anzi,potrebbe essere anche una metafora del nostro paese,ricca di contraddizioni,di magia così come di oscurità.

Il disco si apre con un canto tradizionale-”Nicusiota”-che i Pupi interpretano con brio e convinzione;”Canto d’amuri” è il brano che ha vinto l’importante premio “musica contro le mafie”,proprio anno scorso,ed è una ballata folk notturna,sincera e vibrante (è una canzone d’amore dedicata alla Sicilia,e delle difficoltà che questa bellissima terra ha, a causa della mafia) che si tramuta nel suo evolversi in un brano più caleidoscopico,evidenziandone la componente “teatrale”,con qualche aroma jazzato.

“Danza pupa”è uno strumentale in cui tutto l’amore per la tradizione prevale;la title-track,subito dopo,indaga sulla vita dei minatori,ma dentro al brano c’è di più (si parla di quanto lavoro e sfruttamento siano,purtroppo,spesso legati) e la musica si fa più moderna e scura,ma con ritmo.

Le argomentazioni non mancano di certo nelle canzoni dei Pupi,ed ecco arrivare “Senza spini”,una ballata umbratile sul tormento interiore di una giovane ragazza;l’arrangiamento è molto ricco, pieno di gusto e getta un ponte tra passato e presente della musica popolare.

“Lustru di luna” è un valzer “alcoolico”:il vino è un pretesto per cancellare le brutture della vita,e aiuta a “vedere meglio”;”Tarantella burdella” è la visione del folk “rivisitato” secondo i Pupi di Sulfaro,ed è un brano in cui torna nuovamente un po’ di modernità a livello ritmico,perfettamente amalgamata con gli strumenti e le cadenze “tradizionali”.

“Turiddu za za” è un curioso interrogativo sulla verità,su cosa è giusto o no,con un ritmo brioso ma condito da una melodia lievemente malinconica,d’altri tempi;”Ninna nanna” è,appunto,una ninna nanna,ma tradotta in noir (ispirata velatamente al canto tradizionale “o lupo s’ha mangiat’ ‘a pecurella “) uno spaccato aperto sulle difficoltà della vita reale,che supera come nefandezza ogni immaginazione.

Il finale è allegro:“Live in the cave” è una sorta di rilettura di “Ho visto un re”(sì proprio quella “conosciuta” di Fo portata al successo da Jannacci) in dialetto siciliano:ma non si tratta di una vera e propria cover,anche perchè poi c’è una lunga parte improvvisata e totalmente inedita (difatti è più giusto parlare di improvvisazione con alcuni pezzi della celebre canzone “citati”al suo interno);è una critica alla società all’insegna del buonumore,che chiude il disco in maniera riuscita.

Un disco elegante,che ha una sua finezza ed è per questo molto bello:la band è molto brava,e le canzoni risultano accattivanti e memorabili,unendo intelligenza,riflessione e perfino divertimento

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