PROPHEXY “Improvviso”(Musea)
Se è vero che le etichette discografiche ed i locali sono in grande crisi economica-come tutto il resto-è anche vero che certi tipi di musica (e di rock in particolare),dal lato squisitamente”artistico”non sono mai stati meglio.
E’ il caso del progressive rock:contrariamente a qualche anno fa,in cui il genere pareva essersi arenato su sé stesso(complice forse tutta la stesa di cloni a-la-dream theater,che in realtà poi si soffermavano molto più sulla tecnica che sulle emozioni)e relegato a fenomeno per pochi ma attenti cultori,oggi invece si assiste ad una vera”rinascita”di questo entusiasmante “genere”,di cui io stesso sono un grande estimatore.
Ed il bello non è solo il portare avanti un certo tipo di discorso….il bello è che nascono delle formazioni con il feeling ed il gusto di quelle degli anni ’70,con lo spirito di ricerca e di contaminazione,e soprattutto di rottura delle barriere tra i generi,che fanno prevalere il feeling e, nonostante siano tutte dotate di una tecnica invidiabile,non te la fanno mai pesare e la mettono sempre al servizio del pezzo(così come dovrebbe sempre essere).
Una di queste formazioni è quella dei Prophexy,attivi già dal 1999,anche se forse siamo ancora in pochi a conoscerli:”Improvviso”è il loro nuovo disco(il quarto”ufficiale”,quinto,se si include anche il primo demo),che uscirà a giugno,ed è stato registrato live poco tempo fa al teatro San Sebastiano di Vicenza(fanno parte della band:Gabriele Martelli alle chitarre,Diber Benghi alle tastiere,Alessandro Valle al basso e al flauto,Luca Fattori alla voce e Stefano Vaccari alla batteria).
I prophexy,come ho anticipato prima,interpretano il progressive in maniera”sana”:mescolano un florilegio di influenze diverse,risultando godibili e mai fini a sé stessi(e nel disco,come vedremo poi,ci saranno anche delle gradite sorprese)…..
Il disco si apre con “Tritone”,che in origine stava sul loro penultimo album”Alconauta”,un brano che mescola diverse influenze seventies,dotato di una brillante chitarra,ora jazzata,ora arpeggiata e da un dolce flauto;un’atmosfera che ci riporta alle sperimentazioni più rilassate della Pfm,o ai crimson più introspettivi….ovviamente sono solo dei rimandi,perchè i prohexy non sono dei revivalisti,hanno una loro personalità forte,che traspare anche dall’originalità delle liriche(“Scavando tra memorie di parola/soffia sul fuoco che resta poco/ormai consuma ogni istante emozioni/che mancano se servon poi/ma conservo troppe nozioni/che sai?Non servono mai(…)”)
“Babba”è più complessa(anch’essa in origine su”Alconauta”),tra improvvise bordate quasi heavy,e sonorità psichedelico-orientaleggianti;le liriche sono sempre molto affascinanti ed interessanti,e “aperte”a varie,possibili interpretazioni -in questo caso a mio avviso con un tocco di “fantascienza”,o almeno credo-(“le torri che bruciano mi guardano/giardini di sabbia,là,è casa mia/se anche le viscere brulicano/rispondimi,ma perchè sei andato via?”).
Il brano,come tutto il repertorio dei Prophexy si presta molto alle esibizioni live,coi suoi repentini cambi di tempo e atmosfera:e infatti,anche in questo caso,acquista molte sfumature in più!
“La rotonda della memoria”presenta un grande dialogo tra tastiere e chitarra,che mi ricorda le atmosfere del primo Banco Del mutuo Soccorso:un brano in cui la tecnica e la creatività dei musicisti sfavilla e mostra tutto il suo brillante valore.
“Stralci di quotidiano”è un po’ il sunto della visione del progressive “totale”,nell’ottica Prophexy:con un’introduzione quasi darkeggiante,il brano poi si sviluppa su sonorità più ricercate,in cui si rincorrono diverse anime che si compenetrano alla perfezione,tra momenti di improvvisazione prog fusion,e altri che rimandano alla scena di canterbury,con un finale affidato ad un bellissimo solo blueseggiante di chitarra,rilassante e rilassato,molto arioso.
“Paradigmi mentali”è un trip sonoro che inizia citando i Black Sabbath,e poi si sviluppa su tortuosi,ma affascinanti paesaggi “spaziali”di grande impatto emotivo(degni dei Gong e degli Hawkwind più misteriosi),per ritornare infine ad atmosfere più distese affidate alla delicatezza del flauto e agli arpeggi chitarristici,su un tappeto di synth.
In grande spolvero tutti i musicisti e anche la voce,tra vocalizzi jazzati e sperimentazioni ardite che rimandano a Demetrio Stratos. Ma non finisce qui,perchè in 9 minuti di durata ne succedono di cose,infatti il finale presenta un’insolita trama prog funk,prima di un devastante assolo chitarristico di Gabriele Martelli che riporta tutto su binari più duri e acidi.
Il puzzle sonoro dei Prophexy diventa ancora più complesso e straniante su”Trickster”,un brano perfetto per una colonna sonora di film di genere anni ’70,tra ritmiche serrate e spezzate(e ricordi di “funk”destrutturato nell’inciso)e atmosfere più rilassate nella seconda parte,merito anche del flauto che appare improvvisamente a donare quel qualcosa in più. Torna per brevi secondi anche il gioco delle “citazioni”,che tirano in ballo i primi Osanna,i New Trolls di”concerto grosso”e i Goblin più sperimentali,in un mix caleidoscopico di umori e suoni,mentre il testo si fa geniale,a tratti persino psichedelico nella sua introspezione personale (“posa un sasso per costruire il mondo/o il vento lo smuoverà/posa un sasso per vedere il mondo/o un soffio lo dissolverà/i trapezisti aspetteranno il terremoto/per tuffarsi nella crepa”).
“C’è vite sulla luna”è un altro brano tratto da”Alconauta”che in questo live mostra ancora di più il suo “calore”e spessore:una sorta di psichedelia evoluta in prog, con liriche immaginifiche e “spaziali”,ed un tocco di lucida,creativa follia(“senti il battito dell’aria che cosmica pervade/anche il centro di otri che rigurgitano/vociare di volti indistinti/per vesti bianche/e ora nere/d’istinto ti ispirano/estinti pensieri di quando?”).
Ma le sorprese non finiscono qui!
Gli ultimi due brani del disco sono infatti due cover dei Caravan,”Disassociation”(il penultimo movimento della magica e mitica suite”nine feet underground”)e “Golf Girl”,entrambe tratte da quel capolavoro che fu(Ed è!)”In the land of grey and pink”.
Ma la cosa stupefacente è,che alla voce in questi due brani,c’è proprio il mitico Richard Sinclair,che dei Caravan è stato il leader e uno dei i compositori,nonchè cantante/bassista(e non solo;per i più sbadati ricordiamo anche che ha fatto parte di altre due importanti formazioni prog,Gli Hatfield and the North e i Camel)….e quindi questo è un valore aggiunto al già fenomenale disco dei Prophexy!
Inutile dire che la band rende massimo onore ai pezzi,con “Disassociation” in una struggente versione “intimista”e rilassata,affidata a voce,flauto e chitarra synth, e una “golf girl”in cui la band dà sfoggio di tutta la sua forza,ed è così perfetta,che te li immagini proprio sul palco a divertirsi,mentre jammano con Sinclair….e credo sia andata proprio così,sfido chiunque a dimostrare il contrario!
Lode quindi ai Prophexy,che considero senz’altro i “continuatori”di un certo tipo di musica,e posso tranquillamente affermare che sono tra i migliori tra gli esponenti “moderni”del progressive rock,col cuore nei posti giusti. Finchè ci saranno band come la loro,questo genere non morirà….quindi,per concludere:LUNGA VITA AL PROG,LUNGA VITA AI PROPHEXY
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