CORDEPAZZE”L’arte della fuga”(la Stiva/La cordapazza)
Le Cordepazze sono un’ottima realtà del rock italiano;non è un caso che nel loro curriculum vantino già numerosi premi vinti(in altrettante manifestazioni d’importanza nazionale)e varie esibizioni live di spalla ad artisti noti.
Le Cordepazze sono Alfonso Moscato(voce,chitarra),Michele Segretario(synth,elettronica),Francesco Incandela(mandolino elettrico,violino)e Vincenzo Lo Franco(batteria)e questo è il loro esordio:8 tracce di assoluta qualità compongono questo disco,fondendo rock e cantautorato.
“Digos”apre,con la sua amara ironia(“imparare a leggere/per fare lavorare le edicole/imparare a ridere per fare lavorare comici(…)imparare a pestarsi per fare lavorare le cliniche”),mentre in sottofondo il sound,riuscitissimo,è un tappeto che coniuga rock e una spruzzata di elettronica….e subito si ha la dimostrazione della personalità originale del gruppo.
E l’anima rock balza fuori in tutta la sua potenza su”Ora pro no”;non si rinuncia alla melodia,come all’anima”d’autore”,sempre in evidenza e che traspare nelle liriche(“motoreattori turbonucleari per fermare il vento/ma tanto è tutto inutli/mistificatori,protesi dentali per fermare il tempo/ma tanto è tutto inutile”è l’irresistibile ritornello)…ed è tutto questo mix che crea la personalità unica della band.
“Credi a me”è una canzone più meditativa,una ballata apparentemente amara,ma dai risvolti pungenti(“ho 13 anni,m’ammazzo dalla noia/lavoro a piene mani/per me l’amore è solo un film con 4 nani e gigantismo/è solo porno-rarità/è fantasia,tribolazione/Beatrice che si china/e l’ora di biologia che mi fotte il sonno,la verginità”).
La vuotezza di alcuni giovani d’oggi e,più in generale,del nostro vivere”attuale”(con i mali della società ben in evidenza) difatti viene affrontata con un’ironia non celata,anche se mescolata ad un manto malinconico,ben trasposto anche nel sottofondo musicale,essenzialmente acustico,lieve,ma carico di poetico spleen esistenziale.
“La rivoluzione”tradisce qualche influenza new wave,trasportata ai giorni nostri:una ventata leggera di elettronica non nasconde un’ironia sempre amara(“sotto ai tavolini,cara,hai mille aspirazioni,ma perdonami perchè tra 5 minuti devo scappare,vado in costarica”)che si sposa ad un ritornello catchy dalla melodia irresistibilmente pop(“lancio in promozione questa mia canzone inutile/per la rivoluzione/baciami amore mio,non ci pensare/e suonerò questa mia canzone sterile alla televisione/baciami amore mio,c’è la pubblicità”);è un brano curatissimo,che rivela anche altre influenze qua e là(bellissimo il violino vicino al finale).
I lati sarcastici e ironici delle Cordepazze non sono mai volgari né fini a sé stessi,ma ricchi di intelligenza e originalità( e con quella punta dolceamara che li contraddistingue,come dicevamo poco fa);e questo traspare anche sulla title-track,che conferma ulteriormente il particolare trademark della band,che non assomiglia ad altri gruppi o artisti.
Il testo è irresistibile,mescolando appunti di vita vissuta e appunti visionari(“Io sono un nichilista/parlate con il mio legale(..)/crede nella pornografia/vive lì con la sua mamma/tra milioni di zanzare/che lei nutre a colazione/fa succhiare il sangue a Cristo/e alla radio non l’ho visto”),tra una realtà dipinta come bella(“è tutto funzionale,è gradevole al palato,è pulito,delicato”)ma che in realtà non lo è(“questa merda zuccherata/che io sputo tra la gente/che beata dice niente”),dato che è in pasto all’indifferenza della gente e della società.
Il tappeto musicale è come sempre arioso,melodico ma con una leggera punta di struggente malinconia,poetica come le liriche(e per questo si sposa ad esse in maniera perfetta:anche questo è u n altro lato inconfondibile delle cordepazze!)
Riminiscenze di cantautorato di altri tempi riaffiorano su”Quello che vorrei”,ma naturalmente traghettate ai tempi nostri,complice anche un soffuso e notturno sound (con accenni elettronici mai invadenti nell’intro,che si sposano ad un’andatura quasi anni settanta).
“Ma quello che vorrei è quello che i miei sogni non avranno mai/è quello che il domani mi rifiuterà/è quello che non c’è/quello che non ho/quello che non esiste(…)/le mie 70 mogli che curino i miei 140 figli e facciano a cazzotti nelle nottate per compartecipare alla libido generale”canta Alfonso con convinzione ed il sorriso agrodolce….uno dei brani più belli del disco,a mio avviso(anche se la lotta è dura,perchè tutti sono memorabili),ricco sempre di appunti e di immagini straordinarie.
“Svendimilano”è un brano molto al passo coi tempi(e tornano,al tempo stesso, anche sottili influenze anni ’80),molto bello e con una melodia avvolgente.
“Se ci va bene,socio,siamo rovinati”è la frase-chiave della canzone;è uno spaccato attuale sul difficile momento del nostro paese,senza peli sulla lingua(“povera patria perduta e fallita/dollari e debiti(…)/povera italia delusa e tradita,in preda al vomito/Svendimilano e basta”).
Il finale del disco è affidato a”Gli scienziati americani”,un brano avvolgente e struggente,introdotto da una tastiera dal mood settantiano.
Una canzone sulla riscoperta della vita reale(“E fermarla per la strada e dirle”io ti voglio amare anche se non ti conosco,anche se non so chi sei”/sentirle crescere la voluttà tra l’epidermide e il vestito”),perchè come dice la band stessa”la realtà è sempre stata più vivibile di quanto l’abbia immaginata mai nella mia apprensione”.
La canzone è bellissima,e svela delle influenze progressive(oltre ad una scorrevolezza ed intelligenza che sarebbe piaciuta a Gaber)che commuovono…posso tranquillamente affermare che è la ciliegina della torta di un album fantastico,ed il brano che preferisco in assoluto.
Bravissimi queste”cordepazze”:all’insegna di un rock curatissimo ed originale,dimostrano di scrivere delle canzoni intelligenti,attuali,memorabili e”memorizzabili”,ma mai retoriche con quell’estro in più tipico dei grandi gruppi…..continuate così,perchè avrete sicuramente una lunga e dorata strada davanti!