A cura di Francesco Lenzi

JAKE MOODY “Libertà di espressione “ (Hydra music)

Jake Moody è un ottimo cantautore proveniente da Potenza (pseudonimo di Diego Capece),e questo “Libertà d’espressione” è il suo primo album (che arriva dopo un paio di singoli),una sorta di concept “alla ricerca della verità”,citando proprio una sua canzone :riflessioni e pensieri sul difficile momento che sta attraversando il nostro paese,visti dagli occhi dell’uomo comune,ed in cui tutti possono ritrovarsi.

Il disco si apre con una robusta ed autobiografica ballata rock-blues,”Il musicista Jake”,in cui l’autore riflette sulla sua vita di musicista: “sono solo un poeta semplice,artista del popolo e vagabondo” canta Jake con un filo di malinconia,ma anche con decisione;un brano davvero onesto e perfino commovente per la sincerità che esprime (ed in cui io stesso mi sono ritrovato:”voleva essere un poeta e le sue poesie cantava/ma alla gente non interessava quello che scriveva”è un passo a mio avviso bellissimo).

La title-track parla di rivoluzione interiore:non si possono cambiare le cose,se non liberiamo prima noi stessi (“chissà se questa canzone solleverà una questione/susciterà una nuova emozione/o porterà alla rivoluzione/parlo di rivoluzionare le idee,non soltanto le mie (…)questa canzone nasce per un semplice motivo:per sentirmi vivo,libero e creativo/spesso dalla nostra bocca escono un sacco di cazzate,parole dette a vanvera,migliaia di stronzate”);lo sfondo musicale è melodico e musicalmente struggente (memore dei gloriosi ’70,ma con un piglio personale) ,elegante,rilassato e si sposa benissimo all’amarezza -o forse sarebbe meglio dire disillusione?-del testo (ma la determinazione non viene mai meno).

“La mala morte” è uno spaccato originale di vita vissuta che parla di emarginazione,senza retorica ma con gusto e poesia (“che fine ha fatto Andrea che si travestì da donna/e andò davanti ad una scuola materna/voleva solo essere accettato dalla società/ma è stato privato della sua libertà”);”La carriera”,subito dopo,è un racconto ombroso in cui tornano le difficoltà della vita d’artista(“la musica non ti darà pane,ma ti farà patire la fame/lascia stare le cazzate,devi iscriverti all’università e fare carriera”)…ma il brano suggerisce-giustamente-che se uno crede in quello che fa e sente,deve continuare a farlo e andare avanti per la sua strada (“voglio restare per sempre un ragazzo/con i miei sogni,le mie convinzioni/degli altri non guardo le azioni(…)la vita è mia,non di quelli che mi annoiano”).

“La fine del mondo” è un eccellente brano rock che parla di attualità (“voi che giudicate le persone senza conoscerle a fondo/non vi accorgete che il mondo sta per finire/guardatevi intorno per capire ciò che voglio dire”),puntando il dito sulle tante ingiustizie e brutture che circondano il nostro mondo (“razzismo verso gli immigrati,innocenti assassinati,è inutile negare l’evidenza in questo mondo di sola apparenza”);bellissima la slide “Harrisoniana” che solca il brano.

E “Monte-citorio”,fedele al suo titolo,è un atto d’accusa contro i nostri politicanti ladri (“aumenta il tuo potere in un auto blu/c’è chi patisce la fame,ma non sei certo tu/usufruisci di ogni sconto solo in questo mondo/Chissà se nell’aldilà,avrai l’immunità)” senza peli sulla lingua e senza sconti a nessuno (“hanno sempre più la guerra in testa/ma sul fronte mandano solo la gente onesta”);il brano è introdotto da un fruscio vinilico,e difatti l’andatura riporta alla mente certe sonirità vintage,come il migliore De Andrè.

“Il mio nome è amore” è un rock ironico e gustoso,anch’esso adornato da toni retrò,e che si allontana per un attimo dai temi d’attualità che sono il “clou” del disco (o,almeno,da quelli “sociali”,perchè a ben vedere anche questa canzone parla di cose reali ed attuali,anche se viste in maniera introspettiva);il sorriso sulle labbra non scompare nemmeno su “Non t’incazzà”,una ballata gitana (con una bella chitarra decisamente rock!) che ironizza sui rapporti di coppia (“non mi tradi’/con uno più stronzo di me”),ancora più della precedente.

“Nient’altro che la musica”affronta nuovamente l’argomento “musica”-per l’appunto-ma in maniera più distesa,anche se sempre mai “doma”:è un reggae solare che mano a mano svela le sue influenze tipicamente “cantautorali” ed un invito a credere sempre nella forza della musica,perchè è una delle poche cose che non ti tradirà mai (“quando saremo disperati/non ci resterà nient’altro che la musica/Sarà la nostra compagna anarchica,la nostra amante preferita/ci seguirà senza fatica/ci seguirà per tutta la vita”).

“Una sera qualunque” è una ballata ombrosa e ritorna un certo sentore “malinconico”ed anche una certa amarezza,anche se sempre “con una causa”…e le parole,sempre sincere ed oneste, fanno sanguinare ed emozionano ancora una volta in tempo reale (“il disco è quasi arrivato alla fine,ed io ho quasi finito le rime/possiamo dire di aver vissuto insieme,momenti di libertà che nessuno ci negherà”),complice anche la struggente musica sullo sfondo….

“Continueranno a morire di mala morte” chiude degnamente il disco,riallacciandosi agli argomenti trattati in precedenza (“se il nostro comportamento vi sembra irriverente/allora la nostra vita per voi non è importante/se la nostra storia non è interessante,noi la racconteremo ad un passante”),con forza ed è un altro tassello che sprona a non darsi per vinti,costi quel che costi.

Complimenti davvero a Jake,perchè questo è davvero un bellissimo album,uno dei migliori che mi sia capitato di ascoltare in ambito cantautorale,perchè sincero al 100%,diretto e pure ben suonato,in cui musica e poesia vanno di pari passo,senza cedimenti o banalità di sorta.

Da seguire!

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