A meno di un anno dall’ultimo album, ” Somebody’s Knocking”, l’ inesauribile Mark Lanegan, ex cantante solista degli Screaming Trees, torna nel 2020 con” Straight Songs Of Sorrow”.
Quarto album negli ultimi quattro anni e tredicesimo della sua carriera solista che alla fine, contando gli Ep e altre collaborazioni, siamo arrivati al ventiduesimo lavoro. Il disco è uscito l’8 maggio ed è prodotto da Alain Johannes, polistrumentista e vocalist cileno – americano che in passato ha lavorato con Chris Cornell, Queens Of Stone Age, Eagles Of Death Metal, PJ Harvey
e consigliere di vecchia data dello stesso Lanegan. L’ album si ispira alla storia della vita della rockstar, raccontata da lui stesso nella sua nuova autobiografia “Sings Backwards And Weep”.
Il libro è molto crudo e che sembra uscito dalla penna di Burroughs e Bukowsky , racconta la sua infanzia travagliata e la vita macchiata da vari problemi , sopratutto di alcool e droghe nella zona orientale dello stato di Washington a Seattle negli anni ’90 dove è nato e si è sviluppato il
grunge. Un dramma raccontato con realismo dove descrive quel periodo musicale assieme alle avventure tragiche di Kurt Cobain dei Nirvana e Layne Staley degli Alice In Chains.
Dopo l’esperienza con gli Screaming Trees ha scelto da molti anni la carriera solista in veste cantautorale per raccontare la tristezza, la cupezza, il tormento di esistenze difficili come la propria. Mark ha risolto i problemi da vent’anni , ma quei fantasmi che pensava di essersi lasciato alle spalle riescono a farsi sentire perché è proprio lui ad evocarli attraverso la musica. Ne ha avuto bisogno per chiudere i conti con il passato e per salutare dei mostri di cui non fa a meno di circondarsi. Tra tutti gli alfieri e poi reduci dell’epopea grunge la carriera solista più intensa e di qualità appartiene proprio alla voce di Mark Lanegan. Basta ascoltare capolavori come “ The Winding Sheet” , “ Whiskey For The Holy Ghost”, “Scraps At The Midnight” e “Field Songs”. Mark Lanegan negli anni ha marchiato i suoi brani di un’impronta da songwriter maledetto. Possiede una delle voci più passionali del panorama rock, ma è da sempre innamorato del blues, quello notturno, vischioso e alcolico di Tom Waits e in tanti episodi traspare un mood oscuro e malato, quello di cui di volta in volta sono pervasi anche i suoi ispiratori come Nick Cave, Johnny Cash, Leonard Cohen,Nick Drake Tim e Jeff Buckley. Negli anni ha voluto anche sperimentare utilizzando elettronica e synth stranianti con leggere spruzzate di pop, allontanando
talvolta i fan più accaniti e “puri”. Mark è passato in pochi anni dal baratro alla rinascita, dall’ombra alla luce, nella sua esistenza così come nella musica, da sempre specchio della sua vita. Tutto questo, dopo il libro , lo racconta attraverso la musica e i 15 brani di “ Straight Songs Of
Sorrow”. “ Skeleton Key “ è il singolo che anticipa l’album. Brano sensuale, avvolgente e imponente, con i suoi sette minuti fa uno spaccato di tutta la produzione artistica precedente: dalle radici folk-blues degli inizi al rock di metà percorso, agli innesti sperimentali dell’ultimo periodo e riassume i temi centrali dell’album, che poi sono i temi di una vita e di tutto un
percorso artistico. L’ amore vecchio e nuovo per l’elettronica è amalgamata benissimo nella struttura delle composizioni come “Internal Hourglass Discussion” con il canto di Mark che ricorda i Joy Division accompagnato da un ritmo elettronico alternativo alla Radiohead,” I
Wouldn’ t Want To Say” e la sensuale e sinuosa “Bleed Of Over”. L’onnipresente blues sporco è rappresentato da “ Ketamine”, cantato da Wesley Eisold dei Cold Cave, mentre “ Hangin On” è una ballata acustica che parla di sopravvivenza dedicata all’ amico Dylan Carlson degli Earth.
”At Zero Below” presenta ancora due dei tanti ospiti stellari dell’ album:
Greg Dulli , ex Afghan Whigs e Gutter Twins con il violinista Warren Ellis dei Bad Seeds di Nick Cave. ” Apples From a Tree” è una perla acustica stile Nick Drake di nemmeno due minuti con la chitarra elegantemente arpeggiata di Mark Morton dei Lamb of God. Fra violini, chitarre sgualcite trasuda la tristezza nel country – folk di “ Stockholm City”, perla di
Lanegan del nuovo millennio. “Ballad of a Dying Rover” è un blues dal
passo felpato dentro un trip-hop orchestrale con l’ex Led Zeppelin John
Paul Jones che suona il mellotron . Le atmosfere di “In Daylight in the
Nocturnal House” dove ritornano gli archi e il banjo sono di Adrian Utley
dei Portishead. La moglie di Mark , Shelley Brien scrive due brani: la
ballad ” This Game of Love” dove duetta con lui e il brano finale, “Eden
Lost and Found”, dove a duettare con Mark è però Simon Bonney
dei Crime and the City Solution. Mark Lanegan ancora una volta con
questo album ci ricorda, con tutta l’espressività della sua iconica voce, la
sua sostanza di autore capace di evocare con autorevolezza il suo mondo;
che non è solo il mondo della famosa biografia, quella in cui non risparmia
al lettore i vecchi scheletri nell’armadio. Un immaginario a cui ha saputo dare corpo sonoro e anima sin dai tempi di”The Winding Sheett”; “Whiskey For The Holy Ghost”, cantando la disperazione e la redenzione descrivendo il dolore e la rinascita. Ancora una volta ci consegna una raccolta di canzoni memorabili che è uno dei suoi più invidiabili traguardi di cantautore , dimostrando non solo di essere il discepolo di alcuni songwriter classici del passato che ho già
citato, ma un loro erede credibile. Sul lato artistico, Mark Lanegan è uno
che ha raramente deluso. Non lo ha fatto nemmeno questa volta con “Straight Songs Of Sorrow”; con canzoni che somigliano a delle tormentate preghiere, caricate da quell’enfasi fumosa che il cantante originario di Ellensburg riesce a infondere con naturale propensione. Canzone dopo
canzone è come se lasciasse la morte in attesa raccontando quello che è
riuscito a sopportare limitandosi a salutare i suoi vecchi demoni. “Straight
Songs Of Sorrow” è l’esperienza di un’oscurità e il resoconto di una
rivincita, ma anche di una speranza. A cura di Fabrizio Racis