CARMELO AMENTA”Cuori e parole in piccole botti di legno”(Altipiani)
Carmelo Amenta è uno dei più importanti e caratteristici cantautori rock venuti fuori dall’undeground italiano di questi ultimi dieci anni;”cuori e parole in piccole botti di legno”è il suo terzo lavoro,in cui il suo ormai inconfondibile songwriting trova un’ampia maturazione,ed è come sempre originale e personalissimo.
Le 13 tracce di questo cd sono tutte molto particolari ed ottime,ed oltre a confermare Amenta come uno dei cantautori più dotati del suo tempo,hanno anche un comune denominatore che le lega:sono storie i cui protagonisti si rifiutano di scendere a compromessi,ma preferiscono vivere la loro vita a modo loro,rimanendo sé stessi e facendo quello che vogliono fare(non quello che gli viene”imposto”),pur con le difficoltà che questo può comportare(ed è facile scorgere anche una metafora sul lavoro del musicista,ma è un parere personale)…andiamo adesso ad analizzarle nella loro interezza.
“Nero”è la scurissima ed alcoolica apertura del disco,molto suggestiva con la sua andatura “noir”(fedele al titolo);”dal fondo di un bicchiere vuoto/sempre comunque pronto ad essere riempito/di nuovo per nuotarci dentro/sono come un cielo nero/nero come il buco nero e profondo in cui sono caduto/e dove da sdraiato chiedo,attendo la fine del creato”canta con fare darkeggiante Carmelo,e lo fa con convinzione e grinta,mentre il sound di sottofondo riflette queste curiose inquietudini(e fanno capolino perfino delle irresistibili percussioni).
“Estate”è più riflessiva e meditativa,con i suoi bei giri di chitarra(inizialmente rilassanti,nel finale più acidi ed introspettivi) e la sua miscela di poesia e ironia pungente(“soffia indifferente vento caldo e brucia i corpi degli innamorati/per 10 minuti sdraiati in spiaggia come nelle pubblicità delle creme solari”);”Due becchini da due soldi”è la descrizione di due curiosi personaggi e del loro discutibile operato che non sfigurerebbe nel repertorio di Cesare Basile,per la sua cruda verità e sincerità(ma il ghigno sarcastico è sempre dietro l’angolo,mai sopra le righe).
Si parla anche d’amore e sesso,in maniera non banale ne”L’uno sull’altra”(“ricordi che si muovono tra le lenzuola/le bocche nelle bocche che ne vogliono ancora/e resto un altro po’ dentro di te/solo per guardarti ancora sorridere”),un blues notturno(adornato da un’ottima slide suonata dallo stesso Carmelo)e scurissimo,eppure scorrevole e disteso.
“Sogni fradici”è un altro bellissimo brano darkeggiante,che svela l’anima più rock ed introspettiva di Carmelo(che comunque è sempre presente nel disco;qui maggiormente in evidenza),con la partecipazione di Alì alla voce;la particolare poesia delle liriche è sempre al centro dell’attenzione(“le mani nelle tasche e le ragnatele sugli occhi chiusi/come cuori che non sentono i suoni attorno e non danzano al ritmo della pioggia che/bagna e non lava le anime,ma la paura è dalla polvere”).
Torna un sentore notturno(un mood che si addice particolarmente a Carmelo) su”Ci troveranno svegli”,tra rock-blues e lucide visioni urbane(“è una notta gelida/ci scaldiamo al suono delle risa/che fuori si sappia che qualcuno qua ha ancora voglia/col cuore gonfio e gli occhi umidi”);l’oscurità avvolge anche le pieghe amare di”Niente di niente”(“ti aggiri tra le 4 mura che tu chiami casa/e guardi gli oggetti a cui non ti sei mai affezionata sul serio(…)lo spazio attorno a te si restringe,ad ogni istante,ad ogni momento che passa/lento e pesante”),adornata da umbratili e scintillanti chitarre che sfociano perfino in sequenze noise alla fine dei ritornelli.
“Pane e vino”è una ballata diretta,ma al tempo stesso dotata di una sua poesia interiore nel descrivere una storia chiaroscura(“sì,lo so/non dovrei sorridere/ma tu non accendere la luce/mangiamo pane,beviamo dell’altro vino/che almeno di questo scorta abbiamo fatto”);e,nonostante l’apparente amarezza di fondo,c’è una speranza mai doma che rivela tutta la sua potenza nella seconda parte(“avremo tempo in abbondanza per preoccuparci e fingere di ubbidire alle regole futili ed inutili/fatte per toglierci il pane di bocca”).
“Tutte le mattine”è un continuo alternarsi di dinamiche chiaroscure,tra arpeggi delicati e improvvisi accordi ombrosi;una riflessione inedita sulle paure e sull’inquietudine esistenziale,adornata da un bel finale molto elaborato,dal sapore quasi”progressive”.
“Una canzone d’amore”è una traccia breve ma accattivante ed è esattamente quello che il titolo promette,ma chi pensa che sia una delle tante “love-songs”,è fuori strada(e non potrebbe essere altrimenti);naturalmente Carmelo descrive l’amore a modo suo,con la sua particolare poetica(“sei buona come l’odore della pioggia/come l’odore della salsa di pomodoro sulla pasta/sei buona come il vino rosso/caldo d”inverno,quando fuori fa freddo”)ed un’andatura rockeggiante:e si spezza il mood”scuro”di altri episodi del disco,per spalancare le porte ad una maggiore lucententezza di fondo.
Con”portare fiori,non opere di bene”si scava ancora una volta sulla profondità dell’animo,e soprattutto sulle sue incrinature pessimiste(“quando mi perderò/non cercatemi(..)prendetevi tutto il mio tempo,quando ascolterò le risa,le parole/le storie no,non distraetemi/con chiacchiere inutili,quando creperò”);non può mancare un po’ di ironia,mai troppo esasperata,ma come sempre elegante(“niente politici né preti,per favore/portate da mangiare e bere,un po’ di buona musica da ballare”).
Si torna a tonalità ”blues” con la breve title-track(bellissime come sempre le chitarre,in un continuo andirivieni di acustiche dal sapore “californiano”e una slide calorosa),dal testo riflessivo,in cui l’introspezione torna a fare da padrona(”parliamo di come sarebbe stato senza le distanze/senza le ovvie conseguenze delle scelte”);”La gioia è altrove”chiude il disco ed è un invito ad accettarsi per quello che si è(“non tengo il conto degli errori commessi”canta in apertura Carmelo),sbagli e difetti compresi:è un brano cangiante,meditabondo e screziato da improvvise scorie”noise”(ma sempre rivedute in un’ottica acustica)che spezzano l’andatura tipicamente cantautorale dello stesso.
Lo ribadisco:questo disco è ottimo e conferma le ottime doti compositivo-esecutive di Carmelo Amenta,e la sua originalità;c’è un nuovo modo di essere cantautori in italia,e lui ne è l’esempio più fulgido.
Ed un’altra caratteristica fondamentale dell’album (e del suo autore)è la sua estrema sincerità,fino all’osso:posso tranquillamente affermare che le 13 tracce contenute in questo disco sono addirittura superiori a molti lavori di artisti più conosciuti….Amenta non ha nulla da invidiare a nomi più noti,e mi auguro che si accorga molto presto anche la massa della sua bravura….nel frattempo,gli amanti della musica d’autore sono pregati di procurarsi questo disco!
Un ultimo cenno,doveroso,alla spumeggiante band che accompagna lo stesso Carmelo(ovviamente al canto,alle chitarre-slide e dobro comprese-e compositore di tutto il materiale):Carmelo Alfieri – Basso ;Enzo Pepi – Chitarra elettrica ;Claudio Pepi – Batteria, bidoni ;Salvo Minnella – Pianoforte, fisarmonica, tastiere ;Graziano Latina – Percussioni, rumori, fischi oltre ad una non meglio specificata”voce mancante”(Eva Milan).