Carmelo Amenta -che ringrazio di cuore-mi ha concesso gentilmente via web quest’intervista,che definire “illuminante” è dir poco;spero vi piaccia!
Godetevela.
1-Ciao Carmelo!
Innanzitutto partiamo parlando del tuo nuovo album.
Com’e’ nato “Cuori E Parole In Piccole Botti Di Legno”?
E’ nato come nascono sempre le mie canzoni: a casa, chitarra acustica tra le
braccia, fogli bianchi sul tavolo, vino rosso e gatti. C’ho messo circa 9 mesi a scrivere musica e parole; ho pure messo fuori un bel po’ di brani per far si che il
lavoro fosse coerente e omogeneo. Non e’ stato semplice perche’ ho parlato contemporaneamente delle persone che fanno quello che vogliono, non quello che devono e della “musa” che mi ha ispirato il disco. Non e’ stato facile ma e’ stato divertente. Lo ha pubblicato una etichetta romana, Altipiani. Il supporto fisico lo distribuisce Audioglobe e quello digitale Believe. L’ufficio stampa del disco e’ Lunatik che ha curato anche la promozione del mio album precedente.
2-Qual’e’ tra queste tue nuovi canzoni quella che reputi piu’ rappresentativa del tuo percorso?
-Sono due, la canzone d’apertura dell’album e quella che la chiude: “Nero” e “La gioia è altrove”. Parlano entrambe di modi di reagire ad una assenza che pesa, ma in maniera differente. Sono due canzoni oneste in cui mi metto a nudo.
3-Tu collabori anche con i Blessed Child Opera. Ci puoi dire qualcosa di questa collaborazione?
Paolo Messere aveva gli scheletri delle canzoni di “The Darkest Sea”. Dalla sardegna e’ partito per la sicilia e ci siamo chiusi a casa mia per una settimana. Abbiamo arrangiato l’album e siamo andati a Fiumedinisi, all’eye&ear studio dove lo abbiamo registrato. Credo si sia rivolto a me per via della mia passione per il blues; in effetti ho letto spesso che viene considerato l’album americano dei Blessed. Mi piace com’e’ venuto e sono felice di aver collaborato a questo disco. Non sono partito in tour coi Blessed per dedicarmi alla registrazione del mio disco. Non faccio parte della band e non so se collaborerò nuovamente con Messere, ma sono contento di averlo fatto. Lo stesso anno ho messo un paio di parti di basso nel disco di Alì, “La Rivoluzione Nel Monolocale”. E’ stato un anno interessante.
4-Hai altri progetti paralleli?
Non ho altri progetti musicali al momento ma sto scrivendo diversi racconti. Non so se li faro’ leggere mai a qualcuno e neppure se li pubblicherò.
5- Quali sono le tue influenze musicali?
– Ascolto di tutto, dal jazz di Charles Mingus all’heavy metal dei Sepultura: ascolto un sacco di blues e di rock and roll piuttosto selvaggio. Posso dirti che quando ho scritto il disco ascoltavo tanto Jimmy Reed e i Deus. Al momento alterno invece John Coltrane, i Morphine, i Pinback e i Backyard Babies.
6- Come vedi l’attuale scena alternativa italiana?
La vedo troppo vicina alla musica leggera e io ho qualche problema a decifrare questa musica. Sono tutti bravi, belli e scrivono cose interessanti ma non fanno breccia nel mio cuoricino. Mi piacciono Paolo Conte, i Marlene Kuntz e Caparezza; questi mi piacciono molto.
7-Si riesce a vivere di musica in Italia?
C’e’ chi ci riesce. E’ una cosa che da’ speranza a tutti. Io faccio il musicista e quando posso faccio anche altro: non riuscirei a pagare mutuo e bollette altrimenti. Inoltre mi permette di continuare a scrivere quello che mi piace senza compromessi di sorta e commerciali. Non sto idealizzando l’artista di nicchia puro, senza macchia ne paura, ma non riuscirei a fare un disco con il solo obbiettivo di venderlo. Ne pago volentieri le conseguenze.
8-Una cosa che mi ha colpito del tuo disco e’ anche il gran lavoro di chitarre, si sente che c’e’ grande amore per questo strumento (oltre ad una certa passione per il blues): e’ così o sono fuori strada? E, di rimbalzo, un domandina tecnica: che strumentazione usi?
-Non sei fuori strada, amo le chitarre e lavoro parecchio sull’arrangiamento di queste ultime. Io ed Enzo Pepi, l’altro chitarrista, abbiamo lavorato molto sugli incastri e sulle parti da inserire nel disco. Credo, anzi spero, siano venute bene. Io ho una piccola ossessione per il vecchio blues e per la slide guitar. Ho utilizzato spesso il bottleneck nell’album. Lo faccio anche dal vivo. Mi piace l’atmosfera fumosa che crea e la sensualità del suono. In “Cuori E Parole…” ho suonato un dobro fender, una fender stratocaster, una fender telecaster e una acustica cort. Ho utilizzato un solo amplificatore, un Marshall originale degli anni 70. Non ho usato pedalini, che invece dal vivo utilizzo spesso; anche in acustico a volte.
9-Quali sono le situazioni live che preferisci?
Nella prima parte del “Piccolo Tour Delle Botti Di Legno” mi e’ capitato di suonare in acustico in due teatri, il pubblico attento e in silenzio. E’ stato molto bello. I piccoli teatri sono perfetti per la dimensione acustica. Quando suono in elettrico, con la band va bene ogni posto. Mi piace suonare ovunque. Il problema si viene a creare quando t’imbatti in locali non adatti ai live e gestori che non hanno idea di come funziona la musica dal vivo e non sanno come trattare i musicisti. Non capita spesso, ma accade a volte.
10-Grazie per la pazienza e disponibilità. Di quello che vuoi ai nostri lettori prima di salutarci.
Grazie per avermi dedicato un po’ del vostro tempo. Spero di non avervi annoiato troppo. Se avete tempo a disposizione venite a qualcuno dei miei live; ci facciamo un paio di birre assieme. Cin cin.