INDIGO MIST “That the days go by and never come again” (Rare Noise records)
E stasera mi addentro anche nella seconda uscita targata Rare Noise per il mese di luglio.
Quello di cui vi sto per parlare,è un disco davvero unico nel suo genere,e-manco a dirlo-decisamente affascinante:gli Indigo Mist nascono dalla fusione del trio del trombettista Cuong Vu (che comprende anche Luke Berman-basso e Ted Poor-batteria) con il pianista Richard Karpen…ma le sorprese non finiscono certo qua.
Sì,perchè questo album è una sorta di suite divisa in 10 movimenti e dedicata a Duke Ellington,Billy Strayhorn e Charles Mingus:la gestazione del lavoro è durata oltre un anno,ed è stata più volte ripresa in mano,modificata,stravolta,destrutturata e ricomposta;anche perchè ad interagire con i musicisti stessi,ci sono anche gli studenti dello stesso Karpen,che hanno manipolato alcune sequenze tramite l’utilizzio di i-pad,computers e quant’altro,il tutto in tempo reale…Il risultato lo possiamo ascoltare oggi,un connubio davvero inedito tra jazz,musica contemporanea e sperimentazione ardita…e vi assicuro che non è un disco come tanti altri,che va ascoltato come un unico movimento (come,per l’appunto,una suite) per apprezzarne appieno l’intensità.
Apre “L’Heure blue”,un introduzione affidata a percussioni devastanti,che si rincorrono e si stratificano con potenza;”Indigo mist”,subito dopo,prosegue su sentieri percussivi più rarefatti,per poi sfociare in sequenze oscure,quasi atonali,in cui la parte “avanguardistica” prende il sopravvento in maniera avvolgente (insieme a frammenti di piano preparato e stravolto in fase di registrazione,oltre che a momenti di improvvisazione “Free”).
“ A flower is a lonesome thing” (dal repertorio di Strayhorn) prosegue la cavalcata “libera”,ma appare la tromba di Cuong Vu a donare un tocco riflessivo al tutto,prima della prima dedica”dichiarata” del disco,ovvero “Billy”,un altro passaggio malinconico,a cui si alternano però momenti più “spericolati”,affidati al pianoforte.
Poi è la volta di “Duke”,dedicata naturalmente a Ellington,un brano scorrevole ,senza rinunciare però alle improvvisazioni,talvolta perfino ardite come nella parte finale.
“In a sentimental mood” viene riletta in maniera breve e personale,prima della dedica a Mingus (“Charles”),un altro tassello corto ma scorrevole,così come “Lush life” (altra perla dal repertorio di Strayhorn),in cui il jazz più puro si tinge di introspezione (e con qualche puntata d’improvvisazione inconsueta a donare colore).
Con “The electric mist” si torna all’improvvisazione articolata e fuori dagli schemi,con piano e batteria che disegnano un deflagrante turbine sonoro che spazza via tutto quello che è venuto prima (come termine di paragone,potrei definirla la “Saucerful of secrets” del free jazz,per così dire);”Mood indigo” è la traccia conclusiva,ed è anche quella più lunga e complessa:ma il “titolo” di Ellington viene completamente riscritto, alternando momenti quieti ed introspettivi ad altri più criptici e decisamente inquietanti.
Un disco complesso,ma anche per questo totalmente affascinante:dedicato a tutti gli amanti del jazz libero da costrizioni,ma anche a chi ama l’imprevedibilità in musica;caldamente consigliato anche a chi ha voglia di emozioni “forti”,ma non banali,unite a tecnica incredibile ed allo stesso tempo ad ogni sorta di impredivibilità sonora. Un must nel suo genere,che farà sicuramente scuola,col tempo….