A cura di Francesco Lenzi

IL NIDO” i piedi della follia”(Gaiden records)

Il nido è una band al primo disco a lunga durata,anche se il loro esordio vero è stato un Ep l’anno scorso,dal titolo”Tutto il mondo è palese”.

La band(formata da:Val Monteleone-basso e voce;Dante Mei-chitarre;Valerio Marcangeli-sax,tromba,tastiere,cori e Fabio Romano Marianelli-batteria)è una piacevole sorpresa;difatti il loro disco è all’insegna di un rock variegato e caleidoscopico in cui vengono miscelate diverse influenze in maniera sapiente e originale,personalissima(col sorriso-o se preferite,il ghigno-sulle labbra).

Dopo una breve introduzione”orchestrale”che sembra uscita da un vecchio carosello(o,a scelta,da un palazzo di corte di secoli e secoli fa;il titolo,comunque,è”L’inutile epicità”e già traspare un po’ d’ironia,che tornerà a più riprese nel disco),ci si addentra subito in un’atmosfera rovente con”Lex intro”,una traccia che inizia come un hard rock che non sfigurerebbe in un disco dei Ritmo Tribale(epoca”mantra”),se non fosse per delle scorie jazzate che fanno capolino nell’introduzione e per un cambio di tempo improvviso,che spezza il brano a metà e lo trasforma in una marcia reggae.

Puro crossover(e una volta tanto il termine non è affatto a caso) in una maniera inedita e mai sentita prima.

“La normalità è una brutta bestia”canta con grinta e decisione Val,e non abbiamo alcun dubbio su questo:ma la follia del Nido è geniale,e ben calibrata….sul finale-prima della ripresa”hard”- appare pure un buffo intermezzo che è un dialogo improbabile tra due personaggi assurdi(e non manca una citazione sarcastica dei Camaleonti nel finale,in cui la band per pochi secondi si diverte a massacrare allegramente”Perchè ti amo”)che anticipa il brano successivo.

“Metronotte”è un brano notturno che prosegue su sentieri hard(ma la tromba regala come sempre un insolito tocco jazz),e vede la partecipazione del cantante dei Kutso,Matteo Gabbianelli.

Il brano è inizialmente quasi metal,mentre le liriche descrivono una storia urbana di un metronotte e una puttana(“corri nell’underground municipale/di una metropoli incrostata/tra calcoli sbagliati/ti fermi a bere un chinotto con Clara che ti somiglia così tanto/tu non ti accorgi di come ti guarda/tu non ti accorgi di un cazzo”);ma Il Nido stupisce ancora una volta e dopo pochi minuti il pezzo si trasforma in un brano “alla Morricone”,ovvero una ballata con una tromba dal sapore western.

Ma chi pensa di aver capito tutto,si sbaglia,perchè il brano ritorna su sentieri più rock,anche se stavolta meno heavy,anzi,vengono fuori delle riminiscenze decisamente sixties(complice il”beat”della sezione ritmica,ma anche la tromba e la chitarra acustica).

Il finale si snoda tra i rumori della città e una ripresa a mò di stornello dello stesso pezzo,come se fosse un bizzarro barbone a cantarla nella città che dorme.

“Danza Cutturu”è un brano schizoide che fonde all’interno dello stesso classic rock,rockabilly,blues e una spruzzata di jazz,il tutto condito da un testo breve e diretto(“C’è tanta voglia di cambiare,sai?/ci scommetto una mano che tu non lo vuoi/fai ribrezzo,te lo dico in questo pezzo”)

Impossibile annoiarsi,anche perchè la maestrìa della band è in evidenza,tutti suonano molto bene ed anche la voce è come uno strumento aggiunto,intonata e perfetta;il finale,come sempre,è affidato ad un siparietto ironico di un improbabile mago”Mettheus”che guarisce dal malocchio e cose simili.

Il gusto dell’incastro tra diversi generi e mood,come in un puzzle,non si smentisce su”Il Parenormale”:l’inizio è progressive metal,poi mentre il cantato scivola su introspezioni e inquietanti interrogativi esistenziali(“ai limiti del grigio/mi muovo meglio/vorrei essere già vecchio/per non dover inventare scuse/per non uscire di casa/liberi si sa non lo si è mai stati/circonvenzione d’incapaci parastatali”),ci troviamo catapultati in un reggae scuro e notturno.

Ma si torna su sentieri tra heavy e prog nella coda strumentale prima di ripescare il ritornello(il riff della chitarra pare citare e destrutturare”Owner of a lonely heart”degli Yes);stavolta l’intermezzo non è nel finale(che è affidato ad una sfuriata punk rock),ma a metà brano,in cui un certo Zio Mario dà i numeri del lotto…..

Le sorprese non finiscono qui;ricordi degli anni ’60 riaffiorano con sarcasmo su”Chimichanga”,cantata con voce da crooner.

E’ un brano sulle difficoltà di coppia(“ma quando viene sera/e tu non sei qui con me”),ma il sorriso goliardico ed il”cambio”improvviso sono dietro l’angolo(nella seconda parte,il cantato fa esplicitamente il verso ai cantanti “oriundi”dei sixties-ovvero gli stranieri che con la loro buffa pronuncia dell’italiano adornavano simpaticamente tante interpretazioni classiche di quel periodo).

Il finale cita il liscio e la musica da balera,prendendosene gioco(e difatti ecco che appare un immaginario dj romagnolo,di un’assurda”radio squacquerone”).

I personaggi pittoreschi o curiosi non mancano di certo nelle storie del Nido,ed ecco che arriva”L’indegno Vito”,un solitario individuo come possiamo trovare in molti paesi,vittima di bullismo,ma dall’improvviso”colpo di scena”che spiazza(“e tutti i suoi amici lo scherzavano/finchè un giorno ebbe l’idea malsana di dare fuoco al bar dove si riunivano”).

Musicalmente è una fortunata girandola tra hard,funky e samba,in cui la band dà ancora sfoggio delle sue innate capacità tecniche(ed indovinate un po’ dove va a parare il finale?Una chiacchiera da bar rozza,prima che una voce anticipi il brano successivo,presentato come”un esperimento”).

E difatti il breve”Stimoli avversivi”mostra ciò che promette: angolature più strambe,un cadenzatissimo hard industriale dal cantato allucinato e adornato da un basso distortissimo(e un sax anch’esso distorto e schizofrenico).

“Operazione nido”mostra un ulteriore lato della band,che miscela sonorità tipicamente anni’80 e funk;il brano vede la partecipazione del rapper Just(fratello di Valerio).

La seconda parte conferma le tendenze musicalmente schizofreniche della band(ovvero la loro”Lucida follia”):difatti il pezzo si trasforma dapprima in reggae(e torna il cantato di Val che afferma”sacrali così non siam stati mai/un paradosso che cammina non vale la pena”),poi in un tango gitano,infine in un brano messicano,con tanto di trombe mariachi.

Il finale è un buffo pezzo chiamato”arrivederci e tante cose”,e sembra uscire da un vecchio e rigatissimo 78 giri degli anni ’20(con tanto di”salti”dovuti all’usura);non sono altro che i ringraziamenti che si trovano a fine copertina nei dischi di solito,ma il Nido un po’ per pigrizia(parole loro),un po’ per stupire ancora una volta,invece di scriverli,se li canta(e c’è anche un commento ironico che almeno una volta è capitato a tutti i musicisti su facebook,ovvero il non capire come mai si ha moltissimi contatti e di fan sulla pagina musicale ancora pochi)….non manca ovviamente la presentazione della line-up,e tutto il resto(amici,produttore ecc.).

Davvero un disco col botto questo del Nido e una volta tanto questo è davvero vero:con arguzia e simpatia,i nostri hanno creato uno stile unico…ed il bello è che funziona!

Sì,perchè anche nelle mescolanze”ardite”,i nostri non smarriscono mai la strada,e come in un nastro analogico giuntato perfettamente e con sapienza,Il nido passa da un genere all’altro senza mai stuccare,difatti tutto è sempre imprevedibile e scorrevole,melodico ma con voglia di sperimentare,non si dimentica la forma canzone ma allo stesso tempo si supera,ci si diverte ma allo stesso tempo si pensa con intelligenza…e così via.

Che ci crediate o no,Il Nido come attitudine è molto più prog e crossover di tante altre formazioni definite tali….e il nuovo rock italiano passa anche di qui;adesso sta solo a voi accorgervene,ma non lasciatevi sfuggire questo disco,perchè sarebbe veramente un delitto!

 

 

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