E’ un Ep non un Lp e questo l’abbiamo capito tutti, quattro pezzi, ma davvero al vetriolo, di una brillantezza unica. Con “The Thrill of A Breakdown” si ha un sound”british” pulito ed energico, delle chitarre distorte che trasudano Londra da tutti i pori, il cantato ha un respiro melodico non indifferente.
Il progetto ci potrebbe ricordare vagamente gli Oasis, ma in salsa molto, ma molto più “alternative” con quel gusto “stoner” che risulta essere un miscuglio perfetto.
Gli interventi di pianoforte nel brano danno un tocco assolutamente di classe.
La giusta commistione tra melodia e ritmo, tra suono e “rumore” senza mai risultare eccessivo o fastidioso, ma quanto basta per non essere troppo “pop”.
Ridendo e scherzando siamo arrivati già a metà del disco, eh si…siamo al secondo brano “The Bone“, ancora più energico e cazzuto che mai, con un “tiro” davvero dirompente dove i “crash” pigiano che è una bellezza. Non mancano i micro-interventi melodici che danno un grande respiro al brano ed equilibrio.
I musicisti hanno grande dimestichezza con il loro “materiale” espressivo, giocano con una disinvoltura assai avvolgente, che siano le chitarre, il basso o la batteria, così come la linea vocale, un pich perfetto e un timbro ineccepibile.
Il disco scorre che è un piacere, già terza e penultima traccia dell’album…”The Road” e sembra davvero essere per strada, in macchina, si scorre lentamente, abbiamo davanti agli occhi il panorama che dal finestrino ci ipnotizza quasi.

Stavolta andiamo più lentamente anche se non mancano gli episodi “energici”, il tutto per oltre sei minuti, è infatti il brano più lungo.
E siamo arrivati alla fine con “The last of the Villains” come per i fuochi d’artificio, ultimi scoppi d’energia, alternati a un cantato sinuoso e graffiante allo stesso tempo.
Tutti i brani seguono un “discorso” musicale ben preciso, un filo logico dove nulla è lasciato al caso…ed ecco che quel pianoforte che abbiamo notato altrove, torna a fare capolino, addirittura con degli interventi solisti ben in evidenza, non solo da accompagnamento, senza mai abbandonare il “dialogo” con le chitarre distorte che spesso non si limitano ad interventi “ritmici” ma si intrecciano in soli che ben designano la struttura del brano. Azzeccati gli interventi di organo molto discreti.
Un Ep da dieci e lode, senza peli sulla lingua, senza incertezze, che va dritto per la sua strada.
Frammenti di notizie tratte dal comunicato stampa:
Perdersi in un deserto di cui si è sempre percepita la presenza: nessuna strada da seguire, nessuna stella con cui orientarsi.
Quando si vive troppo a lungo sull’orlo di una scelta senza prendere una decisione, si finisce col precipitare in fretta, inaspettatamente, in una landa priva di punti di riferimento, ma stranamente familiare.
Il brivido percorre interamente le canzoni del secondo EP dei Gramlines, un lavoro fortemente ispirato dalla produzione letteraria di Cromac McCarthy.
Musicalmente, “Coyote” rappresenta la scelta del sound caratteristico della band, il punto di partenza per il prossimo album.
Si tratta del frutto di un anno di lavoro vissuto con il desiderio di esprimere il conflitto tra aggressività e inerme purezza che caratterizzano le liriche.
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Il 2014 per i GramLines è l’anno della gestazione del secondo EP: Coyote esce il 15 Maggio per Go Down Records.La band presenta i nuovi brani la sera stessa nell’ultimo concerto al coperto della stagione invernale 2013/2014 organizzato dal collettivo Sotterranei, in apertura agli OJM. Il 13 Giugno salgono sul Main Stage di Sherwood Festival, aprendo il concerto degli Zen Circus. Seguirà un mini tour di supporto a “Coyote” tra Agosto e Settembre. L’autunno 2014 è dedicato interamente a favore dei Sotterranei con l’organizzazione del festival Sub Cult Fest.
Un nuovo lavoro, anticipato da un mini-tour autunnale, è atteso per la fine del 2014.
GramLines-Coyote
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