FONOKIT “fango e bugie” (La rivolta records)
I Fonokit sono un interessantissimo trio rock salentino alla sua seconda uscita con questo “Fango e bugie”,che è un concept album che indaga su disillusioni ed interrogativi personali.
Fin dalle prime note della title track,il sound dei Fonokit è chiarissimo:è un rock potente e corposo,dalle chitarre taglienti,nel quale si allineano perfettamente liriche introspettive ed un cantato graffiante,ma melodico;è una perfetta anticipazione di quello che verrà dopo….ed ecco infatti,come secondo pezzo,”Sopravviveremo o no?”,adornato da curiosi interrogativi e da amare verità (“è un incantesimo che prima o poi dovrà finire/l’amore in prestito dura giusto il tempo del piacere”) e perfino da un tocco di poesia (“siamo polvere di rose e perversione”),mentre la band ci dà dentro musicalmente.
C’è perfino un ospite noto della scena salentina,il mitico Caparezza che partecipa a “E’ una sfida”,un brano ancora più riflessivo (“gli occhi non vedono dove non vogliono vedere” è l’emblematica frase del ritornello) ,ma sempre potente;”Da un inverno lontano” è una ballata agrodolce dalle influenze british che indaga su amarezze personali (“e se poi io camminassi ancora/sull’orlo del tuo oceano/e se poi provare a non caderci fosse servito davvero”).
“Camden town ormai ci illude” è un brano più teso ed aggressivo,con delle chitarre sempre abrasive ma estremamente catchy;lo spleen esistenziale (“mani vuote che sfiorano la verità/dietro ogni strada che si spegne in questa città/e non accorgersi che tutto è fermo intorno a noi”) si sposa magnificamente ad una musica dalla melodia quasi nirvaniana,eppure allo stesso tempo molto moderna.
Il connubio tra potenza e melodia continua su “Sotto la luna”,sempre in bilico tra amare riflessioni (“ e nella notte scura brillano le cicatrici che ho addosso”) e tenaci melodie post grunge;la disillusione,o meglio l’ auto-illusione (come presentato nella cartella stampa) è il carburante che alimenta il fuoco di “Fuori dall’ombra “ (“cosa sono,cosa sei?/chi non è colpevole/e la memoria che vive/ci crocifiggerà/”),ricco di inquietudini,con la bella voce graffiante di Marco in evidenza.
Il finale è una ballata ombrosa dal titolo “Lo specchio è un uomo solo”,in cui emergono sottili influenze psichedeliche e cadenze velatamente oniriche: il tutto,naturalmente,si riflette sul testo (“il mio cuore ha due misure/è tutto quello che so/forse guardo in faccia le nuvole/son proprio su di me”),tra cambi di tempo e un’andatura sorniona,che sfocia nell’acida coda strumentale del finale,tra distorsioni e ossessioni meditabonde.
Un bel disco che conferma le ottime capacità del gruppo e la loro voglia di raccontare storie in maniera personale ed introspettiva:dategli un ascolto perchè meritano.